di Doriano Dal Cengio - Elisabetta Belloli
L’Analisi Transazionale (A.T.) è una scuola psicologica e psicoterapeutica ideata a partire dagli anni cinquanta da Eric Leonard Bernstein, meglio conosciuto come Eric Berne, psichiatra di origini canadesi. Eric Berne nasce nel 1910 nel quartiere ebreo di Montreal dove il padre David Bernstein medico generico e la madre Sarah Gordon scrittrice e giornalista erano immigrati dalla Polonia e dalla Russia. Nel 1938 diventa cittadino americano e cambia il proprio cognome in Berne. Nel 1941 inizia la sua formazione psicoanalitica a New York con Paul Federn esponente con Hartman, Weiss e altri di quella corrente psicoanalitica che fa riferimento alla psicologia dell’Io. Nel 1947 dopo essersi trasferito a Carmel in California, prosegue la sua analisi e formazione con un altro psicoanalista di spicco, Erik Erikson, autore di "Infanzia e società" (1950), noto per la sua teoria psicosociale dell’evoluzione umana. Nel 1946 pubblica “La mente in azione” e successivamente una serie di articoli poi raccolti in “Intuizione e Stati dell’Io” in cui sono presenti molti degli spunti che caratterizzeranno il nuovo approccio. Negli anni cinquanta Berne fonda a San Francisco i Seminari di Psichiatria Sociale, culla di quel pensiero che porterà alla nascita dell’Analisi Transazionale che verrà alla luce con due articoli, uno del 1957 “Gli Stati dell’Io nella psicoterapia” e l’altro del 1958 con “Analisi Transazionale un nuovo ed efficace metodo di terapia di gruppo”. Nel 1962 viene edito il Transactional Analysis Bullettin, e nel 1965 formalmente fondata l’International Transactional Analysis Association (ITAA) di cui Berne sarà il primo presidente. Berne continuerà a scrivere e a formare nuovi psicoterapeuti fino alla morte sopraggiunta inaspettata il 15 luglio del 1970.
L’Analisi Transazionale è una scuola di pensiero psicologico che risente molto della formazione psicoanalitica di Berne il quale sceglie di presentare con un linguaggio semplice e a volte bizzarro, un insieme di teorie con il chiaro obiettivo di rendere il pensiero psicologico alla portata del grande pubblico, quindi non una disciplina per pochi ma un insieme di concetti, di chiavi di lettura e di facili strumenti per molti. Il modello psicologico che Berne presenta è centrato da un lato sulla descrizione della struttura e delle funzioni dell’Io e dall’altro sulla definizione di un insieme di criteri interpretativi delle interazioni sociali. Nel corso del tempo, l’A.T. assorbirà le influenze di altri approcci, anche per i contributi di autori che integreranno la teoria berniana con elementi propri della cibernetica, della psicologia umanistica, del cognitivismo, della gestalt, della bioenergetica, per cui si andrà, soprattutto nel dopo Berne, a parlare sempre più di Analisi Transazionale Integrata.
Il corpo teorico dell’A.T. riguarda sostanzialmente due aree di indagine: quella intrapsichica con la teoria degli Stati dell’Io e l’analisi del copione, e quella relazionale con una lettura della comunicazione umana attraverso l’analisi delle transazioni (transazione significa appunto scambio, interazione), la teoria delle carezze, la teoria dei giochi e dei ricatti.
Per quanto riguarda la dimensione intrapsichica, Berne ripropone una visione strutturale della personalità che per molti versi sembra un versione semplificata della topica freudiana. In realtà Berne voleva proporre un’evoluzione in senso fenomenologico del modello freudiano classico che fosse più agganciato ad eventi relazionali o comportamentali osservabili.
Gli stati dell’Io
La personalità viene descritta come un sistema complesso organizzato in strutture appartenenti a piani evolutivi diversi: sono gli stati dell’Io. Per Berne la personalità di ogni individuo è formata da tre stati dell’Io: Il Bambino, l’Adulto e il Genitore. Ogni stato dell’Io viene descritto come un sistema coerente di comportamenti, pensieri ed emozioni. Ognuno di noi vivendo ed interagendo col mondo fa e vive delle esperienze che vengono rielaborate e interiorizzate ed entrano a far parte di quello che ciascuno di noi è. Così, osserva Berne, ognuno di noi è stato bambino e come tale ha vissuto delle esperienze che ha interiorizzato in quell’archivio di dati che corrisponde allo stato dell’Io Bambino. Per cui se nel corso della giornata ci capita di avere dei comportamenti o provare delle emozioni, o dei pensieri che ci riportano all’infanzia e a come eravamo da bambini, ecco che in una prospettiva transazionale diremmo che siamo nello stato dell’Io Bambino, ci troviamo a sentire, a pensare o ad agire non per l’età che abbiamo, ma ci comportiamo come un bambino, anzi come quel bambino che eravamo. Allo stesso modo ognuno di noi ha avuto dei genitori, o di qualcuno che si è preso cura di lui garantendogli la sopravvivenza. L’esperienza vissuta con i genitori o le figure genitoriali che sono state importanti hanno lasciato il segno, le relazioni avute con loro, il loro modo di agire, di essere, di pensare, i loro valori o credenze sono state rielaborate e interiorizzate. Così se ci capita durante il giorno di agire o reagire a determinate situazioni mettendo in atto comportamenti, o avendo pensieri o emozioni che ricordano come erano i nostri genitori, in una lettura transazionale diremmo che siamo nello Stato dell’Io Genitore.
Ugualmente se durante il giorno ci comportiamo o pensiamo o sentiamo in stretta relazione con ciò che sta accadendo intorno a noi in quel preciso momento, quindi nel qui ed ora, e scegliamo di fare qualcosa o pensiamo a qualcosa sulla base di quello che la situazione esperita ci fa sentire, diremmo che siamo nel nostro stato dell’Io Adulto. La dimensione Adulta o lo stato dell’Io Adulto è quella dimensione in cui noi siamo in contatto con la realtà e interagiamo con la realtà senza essere “contaminati” da pensieri o sentimenti arcaici che ci rimandano a quando noi eravamo bambini, o senza essere “contaminati” da idee, pregiudizi o valori o emozioni che erano dei nostri genitori e che noi in fondo abbiamo fatto nostri riproducendoli inconsapevolmente.
Questi tre stati dell’Io non sono separati, sono semplicemente tre diverse modalità di essere riconducibili all’organizzazione delle esperienze fatte nel corso dello sviluppo psicologico. Così il Bambino diventa l’area che meglio rappresenta il mondo dell’infanzia e visto che il bambino fa conoscenza del mondo attraverso i sensi e il corpo, ecco che lo stato dell’Io Bambino diventa prevalentemente l’area di espressione dell’emotività, della spontaneità, dei bisogni e dei desideri, ma anche dei sogni e della fantasia, delle aspettative e delle illusioni. Così, visto l’importanza che ha avuto nella nostra vita la relazione con i nostri genitori, ecco che lo stato dell’Io Genitore diventa l’area di espressione sia del prendersi cura (di noi e degli altri), che l’insieme di criteri di valutazione del mondo e quindi della dimensione etica e pertanto dei valori, del giusto e dello sbagliato, del buono e del cattivo, cioè di tutti quei criteri, norme e pregiudizi, che diventano elementi guida in rapporto a scelte e decisioni. Lo stato dell’Io Adulto è quella dimensione della nostra personalità che agisce, come si è detto, nel qui ed ora ed è in contatto con la realtà. E’ l’insieme di competenze acquisite nel corso dello sviluppo e che si attualizzano nel fare e nell’agire. Una persona in contatto con la realtà, valuta, pondera, distingue, discrimina, sceglie, agisce, verifica e valuta. E’ nel suo stato dell’Io Adulto.
Ma cosa significa essere nello stato dell’Io Bambino, o Genitore o Adulto? Secondo Berne l’energia psichica è fluttuante e presente in tutti e tre gli stati dell’Io, per essere più precisi diciamo che Berne distingueva tre tipi di energia di cui una persona può disporre: energia legata, slegata e libera. L’energia legata si riferisce all’energia che è sempre presente in ogni stato dell’Io indipendentemente che sia usata o meno. La quantità di energia disponibile deriva dalla dotazione genetica della persona. L’energia slegata è quell’energia che si sposta da uno stato dell’Io all’altro in risposta a stimoli esterni o interni. L’energia libera è quell’energia finalizzata che viene attivata consapevolmente e in modo volontario. Il Sé esecutivo che esprime la personalità di una persona in una data circostanza, corrisponde allo stato dell’Io più energetizzato in quel momento.
Il copione
L’altro importante capitolo della psicologia berniana, legato alla sfera personale, è quello del copione esistenziale o semplicemente del copione. Berne fa suo l’aforisma shakespiriano per cui “siamo tutti attori sul grande palcoscenico della vita”. Ognuno di noi recita una parte, anzi più parti a seconda dei contesti, anche se tendenzialmente siamo portati a riproporre lo stesso personaggio. Per copione si intende un piano di vita che si basa su una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi e che culmina in una scelta decisiva. In sostanza Berne parte dall’idea, propria della psicoanalisi, che i primi anni dell’infanzia siano importanti e spesso decisivi nel definire quello che saremo in futuro. Durante questi anni in base alla sua relazione col mondo (prevalentemente genitoriale ma non solo) il bambino si costruisce delle opinioni su di sé e sugli altri (opinioni di copione). Sulla base di queste convinzioni, il bambino prenderà inconsapevolmente delle decisioni che lo porteranno a mettere in atto dei comportamenti nei confronti dei quali gli altri, soprattutto i genitori, reagiranno mandando messaggi di consenso (in A.T. permessi), o di sconferma (in A.T. ingiunzioni) che ridefiniranno la sua decisione portandola poi ad una scelta definitiva.
Secondo Berne il protocollo di copione viene scritto nei primi tre anni di vita, risistemato entro i sei e recitato per il resto della vita. Berne e successivi autori, propongono anche varie classificazioni dei copioni esistenziali. In modo particolare Berne parla di copioni vincenti, perdenti e banali. Il copione vincente, che come gli altri ha “una programmazione parentale” secondo Berne, è quello di chi sa raggiungere i propri obiettivi, indipendentemente da quali siano questi obiettivi. Il vincente è colui che riesce ad essere quello che voleva essere e fare quello che voleva fare e questo diventa possibile perché durante l’infanzia ha ricevuto sufficienti permessi nell’essere sé stesso. Diciamo che la componente più evidente del copione vincente è l’autonomia. Il copione perdente è invece proprio di chi nella vita non riesce a realizzare i propri obiettivi, colleziona sconfitte a vari livelli soprattutto sul piano relazionale. All’interno di questa categoria Berne parla di copioni tragici e ipotizza tre livelli di gravità, di cui il terzo grado è quello più distruttivo o autodistruttivo. Di solito, sottolinea Berne, le persone con un copione tragico finiscono spesso dall’avvocato o da un terapeuta o in carcere o all’obitorio. La caratteristica tipica del copione perdente è la sua mancanza di autonomia e quindi la sua dipendenza da qualcosa (Berne parlando di questi copioni di vita farà spesso riferimento all’alcolismo). Poi ci sono i copioni banali o non vincenti, tipici di chi si accontenta, che non ha particolari aspirazioni e cerca nel gioco della vita di arrivare almeno ad un punteggio di parità.
Le relazioni
L’altra area su cui Berne costruisce la sua teoria psicologica è quella relazionale che è strettamente legata alla teoria degli stati dell’Io e del copione. C’è l’analisi transazionale propriamente detta che riguarda la comunicazione umana, dove troviamo molte affinità con la Pragmatica della comunicazione umana di Watzlawick e altri. Le novità introdotte da Berne riguardano il fatto che quando due persone comunicano fra loro mettono in gioco i rispettivi stati dell’’Io per cui è possibile classificare le transazioni comunicative in base allo stato dell’Io che ha emesso il messaggio e lo stato dell’Io che lo riceve. Questo rende possibile distinguere le interazioni non problematiche che permettono ad una conversazione di continuare per un tempo indefinito (transazioni complementari) da quelle problematiche che per gli stati dell’Io coinvolti danno luogo a transazioni incrociate e ulteriori.
Altro aspetto della teoria berniana che troviamo di particolare interesse è la teoria delle carezze. Berne sostiene che alla base dei bisogni propri dell’essere umano c’è una fame di stimoli o carezze (stroke). L’essere umano per crescere ed evolversi ha un estremo bisogno di riconoscimenti che Berne fa rientrare fra i bisogni fondamentali come quelli di cibo, di acqua, di aria. Del resto gli studi di Renè Spitz e di molti altri sulla deprivazione sensoriale (mancanza di stimoli) e sulle conseguenze per lo sviluppo psicologico e anche sulla vulnerabilità alle malattie non lasciano dubbi sul fatto che ognuno di noi ha bisogno della sua dose quotidiana di riconoscimenti (carezze) per sentirsi bene, in quanto sono i riconoscimenti da parte delle persone che incontriamo o con cui interagiamo che ci danno l’idea che noi esistiamo. Noi esistiamo perchè siamo visti. E’ esperienza comune, tanto per fare un esempio, che quando incontriamo una persona ci fa piacere se questa ci saluta, con uno sguardo o un cenno del capo, o un saluto verbale. Questa esperienza nel linguaggio transazionale è una carezza e quello che ci fa piacere è che in quel semplice gesto passa il messaggio che quella persona ci ha riconosciuto e se ci sentiamo riconosciuti significa che abbiamo un valore. Per Berne tutta la costruzione del copione ha a che fare con carezze ricevute o non avute durante l’infanzia, al punto che la struttura del personaggio che andremo a recitare secondo il copione che ci siamo scelti altro non sarà che la modalità per noi più congeniale o possibile per raccogliere o ricevere carezze, cioè riconoscimenti. Oltre a Berne altri autori, come ad esempio Claude Steiner, si sono occupati di questo aspetto, per noi centrale nella costruzione del proprio personale benessere o malessere, arrivando a definire le diverse tipologia delle carezze date o ricercate: verbali o fisiche, condizionate o incondizionate, positive o negative, sul fare o sull’essere. La fame di carezze, oltre che ad influire sulla strutturazione del copione, entra anche nella strutturazione del tempo. Infatti secondo Berne, tutte le interazioni umane altro non sono che tentativi di organizzare il proprio tempo in funzione della ricerca di carezze. La letteratura transazionale descrive in questo senso varie possibilità: dai passatempi ai rituali, dalle attività ai giochi fino all’intimità che viene considerata, fra tutti i modi di strutturare il tempo, quello più rischioso perché si mette in gioco sé stessi con la possibilità di essere maggiormente feriti, ma sicuramente anche quello più vantaggioso in quanto l’intimità è considerata la più potente fonte di carezze.
Un ulteriore aspetto della strutturazione del tempo e della ricerca di carezze viene dalla teoria dei giochi e dei ricatti. Nella terminologia transazionale i giochi psicologici sono un serie di transazioni e interazioni sociali che portano ad un esito prevedibile caratterizzato da un tornaconto preciso che è per lo più negativo. I ricatti sono invece dei processi interni o esterni mediante i quali una persona interpreta o manipola il suo ambiente per confermare aspetti di sé. Sia i giochi che i ricatti sono modalità relazionali disfunzionali che tendono a ripetersi (coazione a ripetere), che noi abbiamo appreso o costruito nel corso del nostro sviluppo come tentativo maldestro di soddisfare bisogni, ottenere attenzioni dagli altri, confermare il nostro copione.
Per concludere questo rapido sguardo sull’Analisi Transazionale, diciamo che il contributo a nostro avviso originale portato da Eric Berne e successivamente sviluppato da altri autori, è di aver “fotografato” aspetti fenomenologici e quindi osservabili dell’esistenza umana cercando di proporre concetti e criteri di lettura che permettono una più immediata comprensione della psicopatologia della vita quotidiana.
Pubblicato il 20.01.2011